ARIA, ACQUA, RIFIUTI E BENI COMUNI AL CENTRO DI UNA ECONOMIA CIRCOLARE E DELLA SALUTE PUBBLICA

RESPIRAMI

L'inquinamento atmosferico ambientale è uno dei più importanti fattori di rischio globali per morbilità, disabilità e mortalità. Poiché questo rischio colpisce un enorme numero di aree urbane ad alto reddito come pure nei paesi a basso reddito, le dimensioni dell'assistenza sanitaria delle sue conseguenze sono enormi, poiché ci si rende conto che ci sono almeno 7 milioni di morti premature dovute all'inquinamento atmosferico, secondo Studi epidemiologici dell'OMS e degli oneri globali della malattia.

Le micropolveri generate dal consumo di pneumatici, freni e asfalto è responsabile dell'inquinamento da traffico automobilistico quanto l'emissione dei gas di scarico, dato che emerge da un recente studio coordinato da Fulvio Amato, del Consejo Superior de Investigaciones Cientificas di Barcellona che revisiona altrettanti 99 lavori internazionali in pubblicazione dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Vivendo in una delle aree più inquinate del mondo la Pianura Padana del Po, Ferrara ha un suo primato perché la pessima qualità dell'aria è aggravata dalla presenza dal Petrolchimico e dell'inceneritore di rifiuti di Hera S.p.a. di Via Diana.

ACQUA & RIFIUTI: ECONOMIA CIRCOLARE

La gestione del ciclo dell'acqua e dei rifiuti è la prima pietra alla base di ogni politica ambientale e deve dimostrare una relazione onesta e responsabile tra amministrazione e cittadini per dare buoni frutti per tutti.

Una ricerca di Ambiente Italia presentata il 22 Gennaio 2019 a Roma come risultato del lavoro del gruppo "Riciclo e Recupero" del Kyoto Club offre una prospettiva più ampia per quanto riguarda l'economia circolare nel nostro Paese.

L'economia circolare italiana emerge come un settore che dà lavoro a più di 575 mila persone, che vale 88 miliardi di euro e 22 miliardi di valore aggiunto, ovvero, l'1,5% del valore aggiunto nazionale. Numeri che sostanzialmente equivalgono a quelli di tutto il settore energetico nazionale o di un settore industriale storico come quello dell'industria tessile, non molto distante dal valore aggiunto dell'agricoltura. Lo studio sottolinea che ad oggi nell'economia circolare italiana poco meno del 50% del valore aggiunto e circa il 35% degli occupati è riconducibile più specificamente alla filiera del riciclo, mentre la parte residua è alla filiera della manutenzione e riparazione, con quote minori per ciclo idrico e servizi.

L'economia italiana risulta in Europa l'economia più performante in materia di produttività d'uso delle risorse materiali: per ogni kg di risorsa consumata, l'Italia genera -a parità di potere d'acquisto (PPS)- 4 € di Pil, contro una media europea di 2,24 e valori tra 2,3 e 3,6 in tutte le altre grandi economie europee. L'Italia è ai vertici europei anche per tasso di "circolarità dell'economia", ossia per la misura del tasso di utilizzo di "materia seconda" rispetto alla "materia prima", con un risultato che mostra, però, quanta strada si deve ancora fare in Europa per avvicinarsi a un modello veramente circolare: 18,5% di materia seconda sui consumi totali di materia.

Il Comune deve, quindi, da un lato farsi parte attiva per indurre la Regione a definire un piano regionale per il riutilizzo con principi di economia circolare dei rifiuti raccolti con la differenziata, ridurre a zero la quota di materiale residuale; dall'altro deve agire per controllare "cosa" venga bruciato dentro il forno dell'inceneritore Hera di Via Diana a Ferrara : vero e unico punto dolente di una quotidiana politica ambientale che tuteli realmente la salute dei cittadini. Tutto questo dovrebbe coniugarsi con un'amministrazione pubblica proprietaria delle reti energia ed idrica e protagonista nella pianificazione degli investimenti. Il referendum nazionale del 2012 su nucleare ed acqua pubblica ha annullato il Decreto Ronchi e dato una chiara direttiva sulla gestione dell'acqua CHE DEVE ESSERE pubblica.

Purtroppo, questo, a Ferrara, oggi, non è più possibile per la scellerata svendita delle reti gas-acqua degli anni passati con grave danno per il ben comune. Sono tempi durissimi, però, per la Pubblica Amministrazione e la società civile che devono affrontare risorse calanti, partecipate che producono debiti, burocrazia, spesso, autoreferenziale. Bisogna impedire che un élite politico-burocratico-finanziaria continui a decidere, ad esempio, le sorti della sanità regionale -e quindi di quella locale che ne è ostaggio-, senza ascoltare seriamente né i professionisti e gli operatori del settore, né i cittadini, destinatari di questi preziosi servizi.

Lo stesso per i servizi pubblici delle multiutility in monopolio: il Pubblico deve avere autonomia di scelta e progettare politiche ambientali e di riciclaggio nel sistema rifiuti-energia e, poi, esercitarne il controllo. Il Pubblico deve comprendere come si costruiscono costi e tariffe: perché lì c'è una quota di tasse implicita che incide pesantemente sulle tasche di tutti. Oggi il rapporto è squilibrato. Le aziende -lungi all'esser mere esecutrici di politiche pubbliche- hanno capacità finanziaria e autorità tecnica superiori a quelle delle istituzioni che sono condizionate nelle scelte verso -legittime ma discutibili- politiche private orientate al lucro.

La politica deve recuperare centralità: ma non la politica come esito della partecipazione azionaria o dei posti, perché qualcuno non ha un mestiere, ed è, quindi, attenta soprattutto alla composizione dei CdA o dei Collegi dei Revisori.

A Ferrara, prossimamente, è in scadenza il contratto per l'affidamento ad Hera di alcuni servizi pubblici: un'occasione ideale per ridefinire e affrontare il tema delle reti. Resta infatti il "contratto di servizio" e da lì si deve partire.

Il Comune, infine, deve difendere l'ambiente e contrastare il consumo di territorio con una strategia di riconversione del settore edilizio, in termini di riqualificazione degli spazi urbani, recupero di materia e risparmio energetico, cui aggiungere con una sistematica piantumazione di essenze arboree e manutenzione relativa in area urbana, per mitigare il riscaldamento urbano e migliorare la qualità dell'aria con pratiche non vessatorie nei confronti delle esigenze private. Senza strategia di transizione alle 4R, l'unico modo per equilibrare il sistema a medio termine purtroppo sono i termovalorizzatori/inceneritori/biogas: se non si vuole cedere territorio alle discariche... che è consumo del suolo. Il Pacchetto UE sull'economia circolare stabilisce che dal 2035 meno del 10% dei rifiuti urbani dovrà finire in discarica e almeno il 65 % dovrà essere riciclato. I Comuni Italiani che hanno adottato la strategia Rifiuti Zero sono 276 per un totale abitanti di 6.243.641.

In Emilia i capoluoghi di provincia coinvolti sono Parma e Forlì; tra i piccoli comuni Cento in provincia di Ferrara; fuori regione si fa un gran parlare di Treviso . Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, quindi:

Rifiuti Zero, Producendo ricchezza per le tasche dei cittadini. Un concetto di Paul Connett introdotto con la sua cosiddetta Strategia dei Rifiuti Zero.

Un'idea semplice: non produrre rifiuti che debbano andare nelle discariche o, peggio, all'inceneritore e creare ricchezza per cittadini e amministrazione pubblica dalla trasformazione.

Ferrara Civica vuole che la Gestione dei Rifiuti sia conveniente per i cittadini, protagonisti di una politica che dalle parole passi ai fatti , con incentivi per:

- raccolta porta a porta e/o conferimento libero tracciabile;

- tracciabilità trasparente e affidabile del conferito;

- tariffazione del servizio con benefit e sconti in bolletta per il conferito;

- incentivazione del compostaggio domestico;

- politiche fiscali comunali basate sul: "se inquini paghi, se ricicli risparmi".

Questo può accadere a Ferrara, come accade a Capannori comune "rifiuti free", primo d'Italia nel 2007 ad aderire alla strategia "Rifiuti Zero", come in 330 comuni italiani che hanno ridotto del 90% i rifiuti da smaltire in discarica, eliminando i conferimenti agli inceneritori.

Capannori punto di riferimento internazionale e nazionale per la gestione dei rifiuti e per l'attuazione di buone pratiche ambientali è protagonista di una rivoluzione culturale nata con l'introduzione del sistema di raccolta "porta a porta" e che si evolve nell'economia circolare, ossia un sistema economico pensato per potersi rigenerare. Attuare il "Rifiuti Zero" nelle grandi città è difficile per gli interessi concorrenti e opposti delle lobby e delle aziende legate al business dei rifiuti di cui spesso i comuni sono azionisti con un potenziale "conflitto d'interesse": privilegiare il "lucro" -legittimo- dell'azionista a scapito della tutela del bene economico -primario- per i cittadini. Un "conflitto d'interesse" che diventa grave quando il Comune "dimentica" la tutela della salute pubblica dall'art.32 della Costituzione partecipando a politiche industriali che lucrano sulla socialità.

Cambiare si può, se ci s'impegna tutti e se si parla chiaro, con onestà, rendendo comprensibili i costi e benefici per la comunità. Tutti produciamo rifiuti, insieme possiamo ridurre il problema...tendenzialmente… a zero: basta volerlo.

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