Lettera a un Presidente. Per rilanciare il Bel Paese. Di Luigi A. Ciannilli

Copparo, 08.01.2020. Al Presidente della Repubblica.

Palazzo del Quirinale. Piazza del Quirinale. 00187 ROMA.

Sig. Presidente, ascoltando il suo discorso a reti unificate il 31 Dicembre scorso incentrato prevalentemente sulla “fiducia” e verso i giovani per il rilancio economico del nostro paese, mi permetto di farle pervenire quanto già inutilmente ho inoltrato a tutti i Presidenti del Consiglio e Ministri dello Sviluppo Economico degli ultimi 15 anni. La fiducia degli italiani, la ripresa e la crescita economica si giocherà tutta e solo in una direzione: creando occupazione e rilanciando i consumi. E i consumi potranno riprendere solo se ci sarà la capacità di rilanciare,in modo totalmente diverso rispetto a quanto avvenuto finora,l’EXPORT. Confermando quanto da Lei dichiarato e puntare sul prestigio qualitativo e d’immagine di cui godono molte produzioni italiane all’estero, è una chance che viene tuttora molto sottovalutata e trascurata. Purtroppo, moltissimi nostri piccoli e medi produttori, seppur capaci di produzioni eccezionali, non sono in grado, sia per limitate risorse economiche, sia per limitate capacità manageriali e distributive, di affrontare, da soli, i mercati esteri. Ognuno per proprio conto. Il rilancio, lo sviluppo reale per l’Italia intera, per le sue Regioni e Province, soprattutto quelle più fragili e in particolare il Sud, passa più che da nuovi e sofisticati processi produttivi i quali,tra l’altro, per loro natura, tendono a comprimere e non a far crescere impiego di forza lavoro, solo dai COMMERCI e dall’EXPORT: da secoli strumento di sviluppo e crescita esponenziale per qualsiasi ‘civiltà’ che si sia storicamente affermata. Si provi per esempio solo ad immaginare quali vantaggi produrrebbe al nostro PIL la presenza di strutture distributive ad insegna ‘Made in Italy’ in ogni grande città europea e del resto del mondo industrializzato. Le cito un passaggio pubblicato l’8-5-1999 in un articolo del Sole 24 ore sulla Grande distribuzione commerciale: «Il successo del “Made in Italy” in aprile ai grandi magazzini Gum, che si affacciano sulla Piazza Rossa, non può far dimenticare che il problema della grande distribuzione rimane tuttora uno dei nodi irrisolti della presenza italiana su uno dei maggiori mercati emergenti (e non solo). E questo tanto più in un momento in cui gli investimenti, russi e stranieri, nei grandi centri commerciali e negli ipermercati si stanno intensificando, sull’onda di un aumento del potere d’acquisto della popolazione del 10% all’anno». Perché? Gli stranieri, grazie soprattutto alle iniziative suicide, che sono state imposte al nostro sistema distributivo da una legislazione stravagante e totalmente fuori dalla realtà, che portò all’abrogazione della L. 426/41 in nome della libertà d’impresa e del libero mercato, son potuti tranquillamente approdare ed ampliarsi in Italia mentre noi non siamo riusciti e non riusciamo, ancora oggi, a portare all’estero neppure un “negozio di vicinato” -mass market- con insegna italiana? Lidl la catena di ‘discount tedesca’ conta oltre 600 punti di vendita in Italia dal Trentino alla Sicilia. Noi quanti ne contiamo in Germania? Il Primo paese europeo importatore di Made in Italy? Rimediare a questo enorme errore e recuperare il ritardo accumulato, incentivando l’associazionismo tra produzione e distribuzione, è la grande chance, sociale ed economica, su cui puntare. Coinvolgendo, appunto, i nostri giovani, laureati e diplomati, attraverso una formazione ad hoc, fino a crearne degli “ambasciatori” del “Made in Italy”; ovvero dei Marco Polo del terzo millennio. Già il 30 Dicembre 2010, in un altro ampio servizio del Sole 24 Ore, venivano messe in rilievo le eccellenze del ‘Made in Italy’ e gli ottimi posizionamenti di nostri prodotti di nicchia. Tuttavia approfondendo i numeri, il nostro export restava e resta, purtroppo, saldamente inchiodato intorno a circa 1/3 del valore totale del PIL con una concentrazione massima in Europa che tocca e supera il 70%, soprattutto, come già detto, verso la Germania. Questa l’immensa prateria l’Italia avrebbe a disposizione sui restanti mercati mondiali*.

Mi permetta un altro riferimento storico per dimostrare quanto possa fare, anche un solo uomo di “potere”, se dotato di intuizione e capacità d’impresa: Enrico Mattei. Già Ugo La Malfa -non uno qualsiasi- intuì il valore dell’”export” per l’Italia e mise in atto azioni concrete nel lontano 1950-51, da Ministro del Commercio Estero -definizione oggi sparita non solo dalle compagini ministeriali- del governo De Gasperi. E, da una posizione dell’Italia fortemente debitoria all’interno dell’EPU, passò in pochi mesi a una creditoria (Cfr. “Il pensiero dei Padri costituenti: Ugo La Malfa” di Paolo Soddu Edizioni Sole 24 Ore – pag. 170). E, tornando a Mattei, ebbe anch’egli, dal presidente del consiglio dell’epoca, Alcide De Gasperi, il compito di liquidare l’ENI, come Giulio Andreotti che affidò al Prof. Romano Prodi il compito di liquidare l’IRI. Mattei disubbidì al mandato ricevuto e grazie anche all’insistenza dei suggerimenti e consigli che gli fornì Giorgio La Pira, Sindaco di Firenze, -che gli indicava nella fabbrica del ‘Pignone’ un partner di cui ancora oggi le pompe di distribuzione di carburanti portano impresso il marchio- fece dell’ENI il volano del ‘boom’ economico degli anni ’60 e ’70. Il Prof. Prodi, invece, liquidò realmente l’IRI cedendola a valori di svendita a privati e stranieri, e con essa la GS- Generale Supermercati che avrebbe perfettamente fatto al caso e alla soluzione che Le sto esponendo per risolvere alcuni problemi dell’Italia. Questo, considerato che nessun imprenditore privato, né il mondo della cooperazione ha avuto finora il coraggio di lanciarsi in tale prospettiva imprenditoriale e valorizzare tutto il potenziale a cui Lei Presidente ha fatto più volte richiamo nel Suo discorso. Compito del Governo, pertanto, è convocare intorno ad un tavolo i vari soggetti interessati e metterli di fronte a indicazioni e proposte vincolanti da realizzare per i loro stessi interessi e per quello più generale del Paese. Per cui limitarsi a predicare il valore dell’EXPORT per aiutare il ‘Made in Italy’, senza indicare con quali strategie e strumenti operare ma, anzi, pretendendo, che ogni piccolo imprenditore, con meno di dieci dipendenti -ovvero oltre 2,5 milioni d’imprese in Italia-, si immetta in un percorso per internazionalizzare la propria aziende è semplicemente una…follia e un esercizio accademico senza sbocco per chi la propone e chi finge di crederci. Ringraziandola dell’attenzione, precisando che il contenuto di questa mia non ha alcuna finalità personale offrendo, se richiestomi, un contributo di collaborazione a titolo gratuito, formulo i migliori auguri per l’anno appena iniziato, unitamente ai miei più distinti saluti, Dr. Luigi A. Ciannilli, già dirigente e consulente Mktg strategico e operativo presso aziende della GDO Grande Distribuzione Organizzata italiana.

PS. In data 27 Gennaio una cortese lettera di ringraziamento di circostanza del Consigliere della Segreteria a nome del Presidente della Repubblica ci conferma la retorica rituale dei discorsi di fine … del Bel Paese.. cui non fa mai seguito, all’enunciazioni di principo, nessuna coerente azione di vera attenzione delle massime istituzioni alle reali esigenze della vita della società italiana.

* A fine Marzo 2020 questa proposta acquista ancora più valore per pensare a quali strumenti e politiche mettere in campo per rialzare il Bel Paese dopo la devastazione sociale per la pandemia da Covid-Coronavirus che ci auguriamo possa vedere se non la complessa fine almeno una accettabile convivenza.