O troveremo una strada, o ne costruiremo una. Luca Cavicchi

La mia quotidianità "forzata" ovviamente dai noti eventi in corso, mi porta a scaglionare la giornata in varie fasi che vanno da un indubbio aumento, volutamente e squisitamente a titolo personale della mia attività di smartworking, sino al tralasciare volutamente la visione di programmi televisi (a parte notiziarmi sui vari tg di una pluralità di reti/canali), per addentrarmi nella lettura spasmodica ma assolutamente piacevole, intrigante, e spesso introspettiva, di articoli, papers e quant altro mi possa ultimamente capitare per le mani, che ammetto molto francamente, com’è nel mio stile, in altri frangenti e contesti, mai e poi mai mi sarebbe passato per l’anticamera del cervello nemmeno ad arrivare ai sottotitoli delle stesse.
E’ quindi con vivo piacere ed interesse, spero condiviso con i più, che riporto un’intervista letta proprio ieri, ad un noto sociologo romagnolo Everdardo MInardi, apparsa sul Corriere di Romagna ed. Ravenna-Imola, e più precisamente a pag.38 della stessa testata, e che ha lasciato dentro di me in uno stato continuo di esame di coscienza su come e cosa mi apetto ed aspetterei nel "dopo pandemia".

CORRIERE ROMAGNA DI RAVENNA E IMOLA

Edizione del 01/04/2020

IL SOCIOLOGO MINARDI

Intervista a Everardo Minardi – «Destrutturazione peggiore della guerra» = «Costruire reti sociali tra persone, imprese, istituzioni per dare senso alla vita di comunità»

// p ag. 38

«Costruire reti sociali tra persone, imprese, istituzioni per dare senso alla vita di comunità» Emergenza Covid-19, uno sguardo agli scenari futuri: «Tutti noi siamo dentro a questo flagello, a cominciare dalle nostre città, che vediamo deserte, morte nel cuore>

FAENZA Nello stato di confusione e dolore generali in cui ci siamo venuti a trovare non è semplice delineare scenari futuri, che comunque paiono pesanti per tutti, indipendentemente dalla condizione sociale. Ci troviamo in una situazione che saremmo riusciti ad immaginare solo nelle vicende del passato o di paesi e popoli lontani da noi. A caldo in un simile contesto compie un’analisi lucida e competente il sociologo faentino Everardo Miñardí, già accademico presso l’università di Teramo, attento osservatore delle vicende politiche, sociali ed economiche. «Ora – riferisce al Corriere Romagna – tutti noi siamo dentro a questo flagello, nessuno ai margini, a cominciare dalle nostre città, che vediamo deserte, morte nel cuore, fino ad arrivare a territori metropolitani come la Lombardia, l’area padana, dove l’Innominabile e Invisibile continua la sua corsa distruttiva, così come all’estero». In un isolamento sostanziale ciascuno di noi si chiede dove slamo finiti e soprattutto dove andremo a finire? «Ci colpisce la nostra impreparazione di fronte alla deflagrazione, non di un evento, ma di un processo di destrutturazione progressiva di dimensioni ancora più forti degli eventi bellici che stanno alle nostre spalle. Ne sono colpiti la vita sociale, il mercato, le istituzioni di governo (dal locale al nazionale all’europeo), le scuole, la cultura, le imprese di qualsiasi livello e non ultimi i sentimenti. Si pensava di essere giunti a un punto di arrivo del benessere: con i nostri medici di base, le case della salute, gli ospedali, addirittura gli ospedali di comunità. Si pensava che anche subendo tagli e restrizioni, poi le cose si potessero mettere a posto, perché abbiamo le conoscenze e le competenze per programmare, sviluppare, controllare, prevenire. Invece non è andata così». Come sta andando lo vediamo, ma quali conseguenze dobbiamo aspettarci? Quali trend si possono osservare? «Innanzitutto va colta la ripresa del molo e del peso dell’agricoltura, un settore che sta acquisendo nell’economia la dimensione fondamentale che gli spetta e che si era persa di vista. Poi le attività legate alla persona umana, le imprese che si occupano della manutenzione e delle condizioni di vivibilità, dalle risorse ambientali a quelle dei trasporti. Un peso crescente avranno le nuove tecnologie di informazione e di comunicazione, per andare oltre il mito della Tve creare le condizioni per partecipare alla costruzione di un nuovo mondo intelligente (lo smart working) dove non restare solo passivi, ma attivi e creativi». Quindi vi saranno risvolti non solo negativi? «Certo che no. La scoperta di un’empatia profonda porterà comprensione nei rapporti: tanti legami si allentano, altri si generano, si rigenerano e si rafforzano facendo emergere nella vita sociale una sorta di rafforzamento un’empowerment. Vi saranno tanti contesti circoscritti in cui costruire reti sociali, strutturate non per competeré con gli altri per vincerli, ma per condividere attività, produrre reddito: si chiama snaring economy (economia non di capitale). Un’economia organizzata per costruire attività capaci di produrre benessere collettivo di comunità: protezione sociale, salute e le condizioni necessarie affinchè le persone, le famiglie condividano il wellbeing, il "sentirsi bene"». Impreparati alla esplosione di un processo di destrutturazione progressiva di dimensioni più forti degli eventi bellici»

Luca